Uno dei principali obblighi del datore di lavoro, è quello di mettere a disposizione dei propri lavoratori “attrezzature e macchine adeguate al lavoro da svolgere”, nonché “idonee ai fini della salute e della sicurezza”. Un obbligo che sussiste sempre, anche nel caso di macchine “marcate CE”. Ma vediamo i dettagli, con una breve premessa, indispensabile per capire l’attuale filosofia progettuale che sta dietro a tutte le macchine e attrezzature di lavoro (di seguito, per brevità, useremo solo il termine “macchine”).
Un po’ di storia… ma poca
La prima organica regolamentazione normativa delle macchine risale al 1955, con il Decreto Presidente della Repubblica (DPR) n. 547: una norma che potremmo definire “sintomatica”, per l’epoca molto avanzata, che si prefiggeva lo scopo di valutare “tutti” i rischi lavorativi, prescrivendo per ognuno di essi i relativi rimedi, ovvero le relative misure di sicurezza.
Nel 1994 ecco arrivare il Decreto Legislativo (D. Lgs.) n. 626, con l’obbiettivo, tra gli altri, di creare una “cultura” della sicurezza, agendo direttamente sull’organizzazione delle aziende.
Un’altra importante tappa la troviamo nel 1996, con il DPR 459 del 24 luglio, conosciuto anche come “Direttiva macchine”. Si tratta di una legge tutta dedicata alle “macchine ”, rivolta direttamente ai fabbricanti, che si prefigge lo scopo di permettere la progettazione e la costruzione di macchine “sicure” e ragionevolmente prive di pericoli. Con un inciso di non poco conto: nella progettazione, si deve tener conto non solo delle “normali” condizioni di lavoro, ma anche delle situazioni “anormali prevedibili”, ovvero “prevedibili” errori umani, imprudenze, guasti e malfunzionamenti.
Dal 1996 tutte le macchine vendute in Italia (e nell’Unione Europea) devono quindi essere “conformi alla Direttiva macchine”, cioè “marcate CE”. In teoria, dovrebbero essere tutte “sicure”, ma, come vedremo tra poco, a volte non è così.
Infine, ma questo ormai è cronaca, nel 2008 viene emanata il D. Lgs 81, recentemente modificato, mentre a fine 2009 anche la “Direttiva macchine” sarà oggetto di una revisione, mantenendo comunque inalterati i concetti di base.
Dobbiamo fidarci della certificazione CE?
La domanda potrebbe apparire provocatoria: di fronte a una macchina marcata CE, possiamo essere sicuri che essa sia “sicura”, a prova di comportamenti “anormali prevedibili”? Purtroppo, la risposta non può che essere “no”.
Di fatto, ci sono in commercio molte macchine marcate CE che, nella realtà, non sono “sicure”, non sono a prova di errore e neppure a prova di comportamenti “anormali prevedibili”. Sarebbe troppo lungo analizzare lo ragioni di questo stato di cose. Ci basti sapere che, purtroppo, questa è la realtà: non possiamo fidarci della marcatura CE.
La conseguenza di questa affermazione è molto semplice: acquistando una macchina marcata CE, dalla più semplice alla più complessa, come utilizzatori dobbiamo controllarla per bene, per verificare che essa sia effettivamente “sicura”, a prova di errore e di comportamenti “anormali prevedibili”.
Ma perché dobbiamo compiere questa verifica, vi chiederete: “Se un produttore mette in commercio una macchina marcata CE non sicura, sarà lui il responsabile per eventuali infortuni”. In realtà, le cose non stanno in questi termini.
In capo al “datore di lavoro”, come abbiamo visto, compete l’obbligo e la responsabilità di mettere a disposizioni dei propri lavoratori macchine “idonee ai fini della sicurezza e della salute”. Questo obbligo e questa responsabilità sussistono sempre, anche acquistando macchine marcate CE.
Quindi, se una macchina marcata CE provoca un infortunio per una carenza di sicurezza, si avranno tre livelli di responsabilità:
- una responsabilità del produttore, per aver progettato, costruito e venduto una macchina non conforme alle prescrizione della “Direttiva macchine”;
- una responsabilità dell’eventuale rivenditore o locatario, per aver venduto o dato in locazione una macchina non conforme alle prescrizioni della “Direttiva macchine”;
- una responsabilità dell’utilizzatore finale, per non aver messo a disposizioni dei propri lavoratori macchine “idonee ai fini della sicurezza e della salute”. Con una eccezione: quando la carenza di sicurezza della macchina è “occulta”, la responsabilità dell’utilizzatore decade.
L’approfondimento
Difetti palesi e occulti
Per carenze di sicurezza palesi, si intendono quelle “visibili” o comunque identificabili nel corso del normale funzionamento della macchina, senza necessità di smontare parti, esaminare circuiti, controllare progetti etc. In pratica, semplificando un po’, le carenze palesi sono “quelle che si vedono”. Ad esempio, se dal bordo macchina, semplicemente allungando una mano, entriamo in contatto con rulli pericolosi, questa è una carenza di sicurezza palese.
Viceversa, per carenze di sicurezza occulte, si intendono quelle “non visibili” o comunque non identificabili nel corso del normale funzionamento della macchina. In pratica, per identificare queste carenze, è necessario smontare parti, esaminare circuiti, controllare progetti etc. Ad esempio, un circuito elettrico che rimane in tensione anche a macchina spenta è una carenza di sicurezza occulta.
Ciò che deve interessare l’utilizzatore finale di una macchina marcata CE sono le “carenze di sicurezza palesi”: l’utilizzatore finale ha quindi l’obbligo di esaminare le macchine CE acquistate, identificare eventuali carenze di sicurezza palesi e richiedere al produttore la loro eliminazione.